Campo mobile 2014 - Val Codera: "la valle sacra degli scout"

Rover - Clan Beata Vergine del Pilastrello
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Nella Val Codera il clan Beata Vergine del Pilastrello ha vissuto un'avventura particolare ripercorrendo quei sentieri che hanno assistito ad una fetta importante della storia dello scoutismo italiano. La valle, durante il ventennio fascista, ha ospitato la "latitanza" dello scoutismo, abolito a favore dell'unica associazione giovanile, cioè l'opera nazionale balilla. Le "Aquile Randagie", unico gruppo scout clandestino aperto a Milano nel 1928, "scoprirono" questa valle nel 1935, nei pressi del lago di Como,  grazie a Gaetano Fracassi, membro attivo e figura di riferimento tra le Aquile, che subito se ne innamorò. Da quel momento la valle divenne una seconda casa per le Aquile, che in breve si guadagnarono l'amicizia e il rispetto degli abitanti del luogo, tanto da aiutare le azioni partigiane che si svolsero all'interno della valle. Una volta conclusa la guerra, la valle divenne una sorta di meta di pellegrinaggio, attirando scout da tutta Italia.

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La Val Codera si presenta come una sorta di "roccaforte", nascosta e protetta da una cinta di picchi rocciosi. All'apparenza irraggiungibile, non smentisce un tipico detto locale, cioè "che prima si muore e poi si arriva in Val Codera", anche perché non è possibile accedervi se non a piedi o in elicottero. Per queste ragioni la valle sia ha conosciuto un graduale spopolamento negli ultimi 50 anni e sia ha preservato quasi intatto il suo aspetto originale.

Leonardo da Vinci la descrisse come un luogo incantevole ma anche aspro, roccioso e selvaggio e per queste ragioni la valle si presta ad una delle metafore più care allo scoutismo, cioè la strada. Per uno scout la strada è il mezzo migliore per sviluppare la sua crescita personale, per riconoscere i propri limiti, le proprie paure e le proprie incertezze. La strada, specialmente in salita, sembra quasi che ci osservi che ci tenga d'occhio, tirando poi fuori tutto ciò che di noi spesso cerchiamo di tenere nascosto. Fare strada per uno scout equivale a fare esperienza e, come diceva Oscar Wilde, "L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione", e allo stesso modo la strada prima ti fa faticare e poi, una volta arrivato in cima, ti fa comprendere la ragione di tanta fatica e di quanto sia importante scegliere una strada difficile ma giusta, piuttosto di una comoda ma incerta. Senza contare che per un rover scout, che letteralmente significa vagabondo, la strada assume pienamente il significato di libertà. Nulla, come un campo mobile, fornisce ad un rover quella sensazione di leggerezza mentale e spirituale, che gli fa cogliere la semplicità di vivere una settimana nella natura, con sulle spalle uno zaino contenente il necessario e intorno pochi compagni che condividono la strada con lui, e quindi anche la fatica e la gioia che ella gli pone dinnanzi. Fare un campo mobile proprio in quella valle che ha visto camminare sui suoi sentieri quegli scout, che nonostante il pericolo di veder la propria vita compromessa dal fascismo, hanno voluto tener fede alla loro promessa e continuare a fare quelle attività che amavano fare e alle quali per nulla al mondo avrebbero rinunciato, forse può far provare ad un rover una tale fierezza verso ciò che è e nella uniforme che indossa da fargli comprendere che lo scoutismo non è un' attività solamente utile ai ragazzi e alla società ma forse indispensabile. Questo si può sentire lungo quelle vie e dentro quei boschi, che ancora conservano nell'aria quella storia intatta e ancora viva nella memoria della poca gente che vive tra quelle montagne. Ancora si può percepire la paura di essere scoperti e l'incertezza di quei giovani ragazzi che hanno vissuto una storia che li ha cambiati nel profondo o per dirla con il lessico scout "che hanno riposto nel loro zaino e hanno portato con loro per tutta la vita". Questo è la Val Codera per uno scout: una grande esperienza da mettere nello zaino e da portare con sé per tutta la vita.

Biagio M. 
 

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