Gruppo Scout Lendinara 1°

Annalena Tonelli

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Home Comunità Capi PASSO DOPO PASSO….VERSO L’INTERASSOCIATIVITA’

PASSO DOPO PASSO….VERSO L’INTERASSOCIATIVITA’

Domenica 17 Gennaio 2016 si è tenuto, presso il centro parrocchiale di Villadose, il primo incontro di Interassociatività scout della provincia di Rovigo. Vi hanno partecipato i Capi delle associazioni scout presenti sul territorio rodigino: l’AGESCI della Zona di Rovigo, gli Scout d’Europa - FSE di Lendinara e gli Adulti Scout delle comunità MASCI della provincia. Il tutto è stato organizzato grazie alla collaborazione dei responsabili delle diverse associazioni.

In questa giornata siamo stati chiamati a riflettere su un aspetto che nella vita di tutti noi scout è fondamentale: la nostra Fede. Per cominciare, alla mattina abbiamo potuto godere della testimonianza di don Sergio De Marchi, professore universitario, che ci ha parlato di cinque brani del vangelo: Gesù che entra nella casa di Zaccheo, Gesù che trasforma l’acqua in vino alle nozze di Cana, Gesù che guarisce il paralitico e gli perdona i peccati, la parabola del padre misericordioso e la parabola del buon Samaritano.

 

Andando ad analizzarli nello specifico ci ha fatto notare che ciascuno di questi episodi può essere paragonato ad un tessuto. Il tessuto ha una caratteristica particolare: alla sua origine si trova la trama, l’ordito; in apparenza questo non si nota perché si vede soltanto il risultato finale, che è il tessuto appunto. Ma quando si guarda un tessuto non si può non pensare alla fitta struttura di fili che gli ha dato origine.

Interassociativit

Allora, per quanto riguarda i brani del Vangelo, don Sergio ci ha fatto riflettere sul fatto che, per ognuno, il tessuto (e quindi la situazione narrata), di per sé sembra chiaro, ma in realtà è soltanto la parte più superficiale, in quanto è solo se scaviamo a fondo che possiamo ritrovare l’ordito. E in questo caso la struttura non è fatta di fili, bensì di relazioni umane quali l’Amore, l’Amicizia, la Solidarietà, il Perdono, il Dono e tante altre. Ma andando ancora più in profondità abbiamo potuto capire come tutte queste relazioni sono il frutto di reciproci rapporti di fiducia. Senza la fiducia reciproca vengono a mancare l’amore, l’amicizia, la solidarietà, la generosità, il perdono, il pentimento e così via. E allora è in questo semplice concetto di fiducia che ritroviamo un piccolo, iniziale principio della nostra fede.

 

Dopo questa introduzione dovevamo decidere qual era, tra quei cinque, l’ambito che più ci sentivamo “vicino” riguardo alla nostra esperienza di fede e formare dei gruppi in base a tale scelta. A una breve introspezione sull’ambito scelto, è seguita una condivisione delle proprie riflessioni personali con il resto del gruppo. Lo scopo era riuscire ad esprimerci attraverso qualcosa di scritto, strutturato, per far capire meglio a chi ci ascoltava la nostra esperienza, proprio come accade quando leggiamo la vita di Gesù attraverso il Vangelo.



Nel pomeriggio abbiamo poi avuto il piacere di ascoltare don Francesco Marconato e Maria Baldo: nel loro discorso ci hanno fatto riflettere sul fatto che noi esseri umani abbiamo un costante bisogno di fare esperienze concrete, anche per quanto riguarda la fede. In generale, per poter dire che un’esperienza ci ha “trasformati”, e dunque che ci ha toccati nel profondo, devono verificarsi indicativamente cinque passaggi. Per spiegarceli al meglio ci hanno riportato un esempio concreto: innanzitutto deve esserci una “situazione di partenza”, che nell’esempio proposto era, tanto per rimanere in tema scout, la partenza per un campo mobile o una route; il secondo punto prevede che questa cosa che si sta per vivere sia “emotivamente pregnante”, che ci sia cioè da parte nostra un coinvolgimento emotivo per questa cosa, quindi il nostro atteggiamento non deve essere banalmente “ci vado perché devo e fondamentalmente non mi interessa”, ma “ci vado anche perché lo voglio e fondamentalmente mi interessa” (anche se magari non lo ammettiamo esplicitamente); il terzo passaggio si esprime con la corporeità e quindi con l’andare effettivamente in route, camminare, fare fatica, vivere in comunità; il quarto passaggio è dato dalla condivisione del vissuto con un contesto comunitario, e quindi dal racconto che si fa della propria esperienza, una volta tornati a casa, a parenti e amici; infine, l’ultimo punto è dato dalla verifica da parte della comunità stessa dell’avvenuto cambiamento una volta tornato a casa: sei uguale a quando eri partito o c’è stata un’evoluzione, un miglioramento nei tuoi atteggiamenti, comportamenti, modi di pensare? Se la risposta è sì, questa per te è stata un’esperienza di vita che ti ha trasformato.

 

La stessa identica cosa si può riscontrare anche quando facciamo esperienze di Fede. Si tratta di momenti che viviamo davvero nell’arco della nostra vita, i cui effetti li possiamo vedere concretamente, non solo noi, ma anche le persone che ci circondano, che ci vogliono bene, che ci conoscono, in quanto risultiamo “trasformati”.

 

A questo punto sorge spontanea una domanda: perché dopo un’esperienza che ci ha trasformati (che sia di Fede oppure no), dobbiamo raccontarla? Condividere quello che abbiamo vissuto interiormente, ciò che abbiamo percepito, che va oltre i semplici fatti che sono accaduti, ci aiuta innanzitutto a interiorizzare il fatto, a farlo nostro, a prenderne coscienza, a verificare la nostra credibilità. Inoltre ci aiuta a fare chiarezza sulle nostre emozioni e sui nostri reali cambiamenti personali.

 

Possiamo dire dunque con certezza che tante delle esperienze che siamo chiamati a fare, non le faremmo nemmeno se non avessimo fiducia, se non ci affidassimo. Dunque, usando le parole della Baldo, “vivere la fede presuppone per noi aver fatto un grandissimo atto di fiducia, e, in un secondo tempo vedere che abbiamo potuto toccare con mano il fatto che la parola detta da Dio si è attuata per davvero”. Sulla base di questi spunti abbiamo dovuto fare un’ulteriore riflessione con i gruppi di condivisione sul brano del Vangelo del mattino. Lo scopo era ritrovare nel nostro brano i cinque passaggi grazie ai quali potevamo dire che si fosse trattato, per i protagonisti, di un’esperienza che li aveva trasformati e narrare per ciascuno di questi cinque passaggi “il fatto”, quindi le cose per come sono state narrate, e “il vissuto”, ovvero le cose per come sono state percepite dal protagonista.

 

Per chi ha partecipato a questa prima uscita interassociativa è stato assaporato concretamente un senso di vero incontro anche perché, nonostante i principi, i valori e i mezzi proposti dai vari metodi siano molto simili (se non addirittura uguali), le diverse associazioni scout della provincia in passato hanno avuto poche occasioni per fare comunità. Basti pensare che l’ultima volta è stata durante il centenario dello scoutismo nel 2007.

Questa esperienza concreta di confronto e di scambio vuole probabilmente essere soltanto un inizio, un “buon” inizio, a cui seguiranno tanti altri momenti di crescita.

 

Dando Fiducia a questo inizio, sono certa che potremo godere, a lungo andare, di un’esperienza di interassociatività che porterà a trasformazioni positive dei diversi gruppi associativi della nostra provincia.

 

Giulia Chinaglia

 
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